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Fotovoltaico a terra: serve la massima attenzione

  • Immagine del redattore: Irene Balducci
    Irene Balducci
  • 22 feb
  • Tempo di lettura: 2 min



La necessità di procedere velocemente verso l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili, è una necessità ineludibile. Lo è ancora di più con gli scenari mondiali che ci si prospettano, dove l’autosufficienza energetica non è solamente un importantissimo fattore economico e ambientale, ma sarà, insieme a quello dell’acqua, un fattore determinante per garantire la democrazia, la libertà dei popoli e la pace.


C’è poi il problema della redditività dell’attività agricola, scesa sensibilmente negli ultimi anni. Anche nelle nostre zone ci sono decine di aziende che hanno chiuso, che stanno chiudendo e che chiuderanno. Tutti soggetti ben predisposti ad accettare le proposte che vengono dagli imprenditori del fotovoltaico, i quali rilevano il diritto di superficie, pagando dei canoni/ha mediamente 5 volte superiori ai ricavi attuali dati dalla coltivazione agricola.


Alla possibile obiezione al riguardo della fattispecie dell’agrivoltaico, che si vorrebbe lasciar passare come non oggetto di consumo di suolo, non possiamo che ribadire come l’innalzamento dei pannelli dal suolo, oltre ad aumentare l'impatto paesaggistico, non limiti le conseguenze negative sulla fertilità del suolo, comunque presenti, quali ad esempio il difetto di soleggiamento, la diseguale distribuzione delle piogge, la limitazione delle tipologie colturali compatibili, ecc.


Con queste premesse e con tutte le legittime esigenze degli attori coinvolti, dobbiamo porre la massima attenzione per evitare percorsi speculativi. Sono processi che vanno governati dalla Politica, a cominciare dalla Politica dei territori.


L’impatto paesaggistico che avrebbero le centinaia di ha di agrivoltaico che si potrebbero prefigurare, sarebbe devastante, non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche economico, sociale e ambientale. Andando tra l’altro in contrapposizione alle scelte politiche fatte negli ultimi 40 anni in Toscana.


Che fare allora? Intanto continuare la nostra azione con i Distretti Rurali e il GAL per dare nuove opportunità alle imprese del territorio, a cominciare da quelle agricole. Ma soprattutto mettere seriamente in campo soluzioni meno impattanti, in particolare per quanto riguarda il fotovoltaico. Ci sono kmq lungo le strade, lungo le ferrovie, sui capannoni delle aree artigianali, in discariche e cave esaurite e nelle sterminate distese di aree già impermeabilizzate (aree produttive, parcheggi,...). Ma ci sono anche kmq di tetti di annessi agricoli e stalle, spesso in disuso e semiabbandonati, che potrebbero essere coperti di pannelli fotovoltaici.


È evidente che questo tipo di soluzione genererebbe una produzione di energia molto inferiore in rapporto all’investimento diretto, ma forse non così inferiore, magari superiore, se si fa riferimento al rapporto costi complessivi per collettività e territorio, benefici complessivi per collettività e territorio.


Pensiamo ad esempio a quante aziende agricole potrebbero mettere a disposizione le coperture dei tetti dei loro capannoni avendo in cambio semplicemente l’energia necessaria per le loro attività, che potrebbero in questo modo avere maggiore competitività, espandersi e creare nuove opportunità di lavoro.


Come GAL/Distretti Rurali lavoriamo con decisione e cerchiamo alleanze su questa prospettiva a cominciare dal mondo della ricerca, non esprimiamo una chiusura a priori all’agrivoltaico, ma chiediamo per una volta di approfondire, valutare la complessità delle cose ed evitare facili speculazioni.


Davide Bettini

Presidente Distretto Rurale e Biologico Val di Cecina

 
 
 

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